Valerio Vanni
2019-10-06 16:21:53 UTC
Segue da qui:
https://groups.google.com/forum/#!topic/it.cultura.linguistica.italiano/WKLabJER5o0
On Sat, 5 Oct 2019 17:03:15 +0200, Voce dalla Germania
di solito pronunciano in modo simile (o uguale?) ai
francesi, ottima cosa per chi come me ha la erre moscia in
italiano. In alcune regioni della Germania, invece, la
pronunciano come in italiano standard.
Esattamente... lo stesso vale per la erre moscia in italiano.
O il sigmatismo (la zeppola): in italiano rimane una "s" articolata
diversamente. Quest'ultima in inglese sarebbe una variante fonematica,
romperebbe l'opposizione "s" <-> "th".
fondamentale la differenza tra vocali lunghe e brevi. Hanno
diversi modi per contrassegnarla nell'ortografia, ma non
coprono tutti i casi. Proprio in questi giorni stanno
discutendo vivacemente a de.etc.sprache.deutsch se la prima
u di numerus in "numerus clausus", terrore dei maturandi, è
lunga (e quindi chiusa), breve (e quindi aperta) o qualcosa
in mezzo.
E uno l'abbiamo trovato.
In questo caso però, se ho capito bene, si aggiunge un problema: oltre
a non trovare un modo per descrivere, non si trovano d'accordo sulla
lunghezza effettiva...
o dell'altro è legata al contesto fonetico. Come capita in italiano
per le "n" di "manna" "anfora" "angolo", per le "s" davanti a
consonante ("sdentato" <-> "stentato").
In casi del genere, usare lo stesso simbolo ("n" "sC") rimane
descrittivo delle opposizioni fonematiche.
C'è poi un'altro caso, quello delle descrizioni con vocali diacritiche
(non so se sia presente in tedesco).
La nostra maniera di distinguere le "c" e le "g" /k/ <-> /tS/ /g/ <->
/dZ/ con delle "i" e delle "h" a seconda delle vocali che seguono
("giorgio" "gorgo" "giro" "ghiro") è fuori dall'ipotetico caso ideale
"1 grafema = 1 fonema", ma rimane descrittivo delle opposizioni
fonematiche.
Il problema è più un altro: non è chiaro quando una "i" è diacritica.
Le scritte "sciabola" e "sciatore" non fanno capire l'effettiva
pronuncia. Lo stesso vale per "acacia" e "farmacia".
https://groups.google.com/forum/#!topic/it.cultura.linguistica.italiano/WKLabJER5o0
On Sat, 5 Oct 2019 17:03:15 +0200, Voce dalla Germania
Una variazione è fonematica se va a coinvolgere opposizioni distintive, fonetica se si tratta solo di articolazioni diverse di uno stesso fonema.
Faccio un paio di esempi, che mi sono a pochi km da casa.
La zeta romagnola è articolata differentemente da quella italiana (è fricativa anziché affricata), ma fonematicamente conserva l'opposizione con altri suoni.
Chi parla l'italiano di Romagna, non scambia la zeta con nient'altro.
Vediamo se ho capito. Questa è come la erre, che i tedeschiFaccio un paio di esempi, che mi sono a pochi km da casa.
La zeta romagnola è articolata differentemente da quella italiana (è fricativa anziché affricata), ma fonematicamente conserva l'opposizione con altri suoni.
Chi parla l'italiano di Romagna, non scambia la zeta con nient'altro.
di solito pronunciano in modo simile (o uguale?) ai
francesi, ottima cosa per chi come me ha la erre moscia in
italiano. In alcune regioni della Germania, invece, la
pronunciano come in italiano standard.
O il sigmatismo (la zeppola): in italiano rimane una "s" articolata
diversamente. Quest'ultima in inglese sarebbe una variante fonematica,
romperebbe l'opposizione "s" <-> "th".
Sì, intendo questo. In che misura l'ortografia è limitata nel descrivere la pronuncia standard.
I primi esempi che mi vengono in mente: in tedesco èfondamentale la differenza tra vocali lunghe e brevi. Hanno
diversi modi per contrassegnarla nell'ortografia, ma non
coprono tutti i casi. Proprio in questi giorni stanno
discutendo vivacemente a de.etc.sprache.deutsch se la prima
u di numerus in "numerus clausus", terrore dei maturandi, è
lunga (e quindi chiusa), breve (e quindi aperta) o qualcosa
in mezzo.
In questo caso però, se ho capito bene, si aggiunge un problema: oltre
a non trovare un modo per descrivere, non si trovano d'accordo sulla
lunghezza effettiva...
"ch" può essere fricativa sorda uvulare [??], fricativa
sorda palatale [?ç] e in parole importate una semplice [k].
Leggo nell'altro gruppo che si tratta di allofoni, la presenza di unosorda palatale [?ç] e in parole importate una semplice [k].
o dell'altro è legata al contesto fonetico. Come capita in italiano
per le "n" di "manna" "anfora" "angolo", per le "s" davanti a
consonante ("sdentato" <-> "stentato").
In casi del genere, usare lo stesso simbolo ("n" "sC") rimane
descrittivo delle opposizioni fonematiche.
C'è poi un'altro caso, quello delle descrizioni con vocali diacritiche
(non so se sia presente in tedesco).
La nostra maniera di distinguere le "c" e le "g" /k/ <-> /tS/ /g/ <->
/dZ/ con delle "i" e delle "h" a seconda delle vocali che seguono
("giorgio" "gorgo" "giro" "ghiro") è fuori dall'ipotetico caso ideale
"1 grafema = 1 fonema", ma rimane descrittivo delle opposizioni
fonematiche.
Il problema è più un altro: non è chiaro quando una "i" è diacritica.
Le scritte "sciabola" e "sciatore" non fanno capire l'effettiva
pronuncia. Lo stesso vale per "acacia" e "farmacia".
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Ci sono 10 tipi di persone al mondo: quelle che capiscono il sistema binario
e quelle che non lo capiscono.
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e quelle che non lo capiscono.